martedì, novembre 30, 2010

Salerno, la Carmen conquista il Teatro Verdi

Et vive la musique qui nous tombe du ciel!


(da Carmen, atto secondo)



Domenica 28 novembre, la platea è piena così come i palchetti fin sopra il loggione. Il Teatro Verdi di Salerno ospita l’ultima recita della Carmen di Georges Bizet. La regia è di Gigi Proietti, già amico del teatro per cui ha curato la regia del Nabucco lo scorso anno. Essenziale la scenografia, abbacinante la scelta del legno chiaro, quasi un ‘’palco zattera’’- secondo l’idea espressa dallo scenografo e costumista Quirino Conti - che si muove verso la platea, coinvolgendo il pubblico nel dramma. Il dramma di Carmen, donna libera e passionale, che sceglie la morte rimanendo fedele alla sua unica legge: la propria volontà. Ambientata negli anni Venti del Novecento, la versione di Proietti rimane essenzialmente fedele all’originale, cercando la giusta semplicità che lascia spazio solo al canto e all’opera stessa.

Il ruolo della ‘‘dannata’’ gitana è affidato alla acclamata Anita Rachvelishvili, che lo scorso anno alla Scala sotto la direzione di Daniel Baremboim aveva dato già prova di una voce piena e rotonda, e che anche qui regala una profondità che avvolge tutta la platea. E’ stato uno scroscio di applausi per la sua Habanera, aria che la presenta con la forza sensuale e maliarda di zingara. Ad affiancarla un cast armonioso e valido: a partire da un Don Josè (Marco Berti) dalla voce generosa, che acquista vigore soprattutto a metà del secondo atto; una Micaëla (Irina Lungu) elegante e raffinata; un sensuale Escamillo (Mark Doss), convincente soprattutto nel gesto scenico, nella sua gagliarda e sfrontata mimica da vincitore. Infine, le altre due sigaraie, Frasquita e Mercedes, interpretate da Stefanna Kibalova e Milena Jusipovic, creano il giusto contrappunto alla personalità vocale della Rachvelishvili.

Seduttiva anche la scelta delle scene e dei costumi, affidati a Quirino Conti, dove la gamma cromatica dal bianco al nero, passando per gli sfumati e pallidi azzurri e il forte rosso, crea pieni e vuoti che danno energia all’opera stessa, rafforzandone l’interpretazione dei protagonisti. Durante il crescendo di suono e emozione, dal podio più volte si è levato il ‘‘grido’’ di Daniel Oren, direttore d’orchestra del teatro. La sua è stata una interpretazione viva della partitura, fiera e passionale che ha trasmesso alla sua orchestra con una forte mimica del corpo che è insieme gesto musicale. Alla fine della recita un pubblico soddisfatto ha salutato cast e direttore con prolungati applausi, ringraziamenti e un tripudio di rose a volo d’uccello.


Francesca D'Amico


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