Il terzo titolo operistico in programma al Lugo Opera Festival è una nuova produzione dell'opera da camera in un atto The Servant di Marco Tutino, autore anche del libretto (in lingua inglese) tratto dal romanzo di Robin Maugham, che andrà in scena al Teatro Rossini giovedì 5 e venerdì 6 maggio 2011 alle ore 20,30: un nuovo allestimento con la regia di Rosetta Cucchi, i costumi di Claudia Pernigotti e le scene di Tiziano Santi. Interpreti saranno Camille Dereux, Giuseppina Piunti, Peter Gage Furlong e Alexey Bogdanchikov. Il giovane direttore e compositore torinese Francesco Cilluffo sarà sul podio dell'Orchestra del Teatro Rossini. The Servant è la penultima opera del compositore milanese Marco Tutino (1954) autore di Pinocchio, La Lupa e Senso, andata in scena con grande successo di pubblico e critica a Macerata il 27 e 30 luglio 2008. Dopo due successivi diversi allestimenti al Teatro dell'Opera di Pilsen nella Repubblica Ceca e al Teatro dell'Opera di Zseged in Ungheria, The Servant viene ora ripreso da un teatro italiano, e fra un mese, dal 26 al 30 maggio, approderà al Teatro Colón di Buenos Aires in Argentina. Cinque diversi allestimenti di un'opera contemporanea in quasi tre anni: un notevole risultato dunque, in un momento storico in cui anche solo la ripresa di un titolo è una rarità.
L'opera si basa sul romanzo breve The Servant di Robin Maugham, scritto nel 1948 ma reso celebre nel 1963 dal film di Joseph Losey, nato dalla collaborazione con Harold Pinter (1930-2008). Robin Maugham (1916-1981), secondo visconte di Hartfield, fu segretario di Churchill e scrittore prolifico (una trentina di romanzi e decine di racconti) fin dagli anni quaranta, ma anche molto scandaloso per i temi omosessuali e omoerotici che affrontava senza tabù destando scalpore in un’epoca e in un’Inghilterra che non aveva ancora rotto con gli schemi della società perbenista post-vittoriana. Sui suoi rapporti con lo zio, il celebre romanziere William Somerset Maugham, Peter Burton ha scritto il libro Parallel lives. Il libro The Servant e l'omonima opera di Tutino raccontano la vicenda, esemplare nel suo crudele svolgimento, di un rapporto ambiguo di dominazione psicologica di un uomo su un altro uomo. Tony, giovane ed inetto rampollo di un’aristocratica famiglia inglese, assume alle proprie dipendenze un maggiordomo, che non tarda a rivelarsi abile macchinatore di una trama psichica che gli consentirà di sottomettere il proprio padrone. Intuendone i desideri più reconditi e le inclinazioni più inconfessabili, questi riuscirà infatti a condurlo da una latente complicità omosessuale ad una morbosa sudditanza psicologica e fisica. È la storia di un crollo annunciato, reso possibile dall’utilizzo degli espedienti più infami, non ultimo quello di introdurre tra le lenzuola del padrone un’amante disinibita che provocherà l’allontanamento della sua compagna. Marco Tutino, compositore non estraneo alle sfide, capace di misurarsi con soggetti molto differenti – dalla leggerezza delle fiabe ai drammi esistenziali come Vita che tratta la sofferenza causata dalla malattia e Le bel indifférent, dove il rapporto sentimentale si riduce al doloroso monologo della protagonista con se stessa – con The Servant affronta non soltanto l’argomento dell’omosessualità, ma anche della differenza tra classi sociali e generazionali, così sentita da Maugham.
«È una vecchissima idea – raccontava il compositore a Classic Voice in occasione della prima – Ho una serie di ricordi e immagini che mi hanno colpito, magari in tenera età. Un bagaglio di memorie a cui ogni tanto attingo. È stato cosi per Cirano e ora per The Servant. Il film di Losey tratto da Maugham, che vidi a dieci anni, mi colpì e mi turbò. Quando mi hanno commissionato un'opera da camera con pochi personaggi, senza coro e in un luogo circoscritto, quel soggetto denso di problematiche psicologiche mi è sembrato giusto. Ovviamente si è posto il problema della fonte. Perché nel film di Losey il romanzo di Maugham era sceneggiato da Harold Pinter il quale, da quando ha vinto il Nobel nel 2005, è diventato inaccessibile. Ho dovuto risalire alla commedia tratta dal romanzo per avere un testo, che ho adattato io stesso. Peraltro The Servant è una commedia in prosa che in Inghilterra viene spesso messa in scena anche se non è mai arrivata in Italia». «Nel film – continua Tutino – l'interpretazione del protagonista Dirk Bogarde era una chiave molto chiara: perché si tratta di una manipolazione psicologica e Bogarde era un maestro nell'applicarla in modo sottile. È un gioco di sguardi, di piccoli spostamenti della tensione psicologica. The Servant affronta il tema omosessuale in un’epoca in cui era particolarmente scabroso, ma anche quello della sottomissione psicologica. Ciò che mi ha più colpito nel testo di Robin Maugham racconta il compositore è il ribaltamento del rapporto di potere padrone-servo, che si compie lentamente per tappe successive come una specie di corda psicologica che egli tende con grandissima raffinatezza lungo tutta la narrazione».
«Il vero protagonista della storia è l’atmosfera – sottolinea il compositore – c’è molto di non detto che si presta ad essere interpretato dalla musica. La drammaturgia musicale è fondamentale per esprimere il progressivo mutamento del rapporto, così come a costruire il tempo di un preciso colore interiore. Anche la scelta di un organico ristretto a sette strumenti – quintetto d’archi, marimba e pianoforte – è congeniale alla composizione musicale, che riduce all’indispensabile il materiale armonico, e costringe il tutto a una dimensione intima. La musica diventa via via più dura e ossessiva, con meno concessioni all’orecchio e agli atteggiamenti compositivi di maniera. La musica, quando diventa drammaturgia, ha il compito di rappresentare il non detto: in questo caso il non detto è enorme e la musica è il 'personaggio' che tesse la temperatura emotiva e spiega al pubblico cosa sta succedendo davvero. Se ci atteniamo alle parole, in realtà non c'e quasi nulla di quello che accade in scena. È la musica a raccontarlo».
«Ho scelto di muovere il racconto – racconta la regista Rosetta Cucchi – all'interno di un ambiente asettico, quasi astratto, dove sono le passioni più o meno represse a disegnare lo spazio, un contenitore dell’essenza più profonda dell’anima umana». «Ho molto amato il film di Losey – continua la Cucchi – è un capolavoro assoluto dal quale è impossibile prescindere. Gli rendo un piccolo omaggio riproducendo il pavimento a scacchi della cucina del film. La cucina che è un luogo fondamentale nella storia sia del romanzo che dell'opera. Proprio in cucina si svolge una delle scene clou, quella in cui il servo per la prima volta rivela la sua vera natura spezzando quella gerarchia sociale, cara alla upper class inglese, in favore di una prevaricazione psicologica che rompe totalmente gli schemi borghesi».
All'inevitabile domanda se ci siano scene di sesso e se saranno sottolineate, Rosetta Cucchi risponde: «Sì, il sesso c'è, ma è semplicemente uno strumento per arrivare a completare un disegno molto più morboso. C'è quello un po' algido fra Tony e la fidanzata Sally, quello tra Tony e Vera, dove la violenza di lui è una manifestazione della sua debolezza e c'è quello fra Barrett e Vera che io vedo più come un gioco scabroso tra maestro e discepolo ma naturalmente l’attrazione dominante è quella fra i due protagonisti maschili di questa vicenda, un’attrazione che si insinua sempre di più tra le pieghe della storia fino a diventare una dipendenza reciproca che spingerà entrambi in un abisso di devastazione. Ora non posso rispondere se ci saranno scene di sesso in scena: certe scelte di regia nascono in prova: solo lì, conoscendo gli interpreti e la loro fisicità, la consapevolezza che hanno della loro sensualità, ci si rende conto dove si può spingere senza cadere nel volgare. Io ho il massimo rispetto delle personalità degli interpreti e del loro rapporto col proprio corpo. Lo scopriremo assieme a loro strada facendo».
L'opera si basa sul romanzo breve The Servant di Robin Maugham, scritto nel 1948 ma reso celebre nel 1963 dal film di Joseph Losey, nato dalla collaborazione con Harold Pinter (1930-2008). Robin Maugham (1916-1981), secondo visconte di Hartfield, fu segretario di Churchill e scrittore prolifico (una trentina di romanzi e decine di racconti) fin dagli anni quaranta, ma anche molto scandaloso per i temi omosessuali e omoerotici che affrontava senza tabù destando scalpore in un’epoca e in un’Inghilterra che non aveva ancora rotto con gli schemi della società perbenista post-vittoriana. Sui suoi rapporti con lo zio, il celebre romanziere William Somerset Maugham, Peter Burton ha scritto il libro Parallel lives. Il libro The Servant e l'omonima opera di Tutino raccontano la vicenda, esemplare nel suo crudele svolgimento, di un rapporto ambiguo di dominazione psicologica di un uomo su un altro uomo. Tony, giovane ed inetto rampollo di un’aristocratica famiglia inglese, assume alle proprie dipendenze un maggiordomo, che non tarda a rivelarsi abile macchinatore di una trama psichica che gli consentirà di sottomettere il proprio padrone. Intuendone i desideri più reconditi e le inclinazioni più inconfessabili, questi riuscirà infatti a condurlo da una latente complicità omosessuale ad una morbosa sudditanza psicologica e fisica. È la storia di un crollo annunciato, reso possibile dall’utilizzo degli espedienti più infami, non ultimo quello di introdurre tra le lenzuola del padrone un’amante disinibita che provocherà l’allontanamento della sua compagna. Marco Tutino, compositore non estraneo alle sfide, capace di misurarsi con soggetti molto differenti – dalla leggerezza delle fiabe ai drammi esistenziali come Vita che tratta la sofferenza causata dalla malattia e Le bel indifférent, dove il rapporto sentimentale si riduce al doloroso monologo della protagonista con se stessa – con The Servant affronta non soltanto l’argomento dell’omosessualità, ma anche della differenza tra classi sociali e generazionali, così sentita da Maugham.
«È una vecchissima idea – raccontava il compositore a Classic Voice in occasione della prima – Ho una serie di ricordi e immagini che mi hanno colpito, magari in tenera età. Un bagaglio di memorie a cui ogni tanto attingo. È stato cosi per Cirano e ora per The Servant. Il film di Losey tratto da Maugham, che vidi a dieci anni, mi colpì e mi turbò. Quando mi hanno commissionato un'opera da camera con pochi personaggi, senza coro e in un luogo circoscritto, quel soggetto denso di problematiche psicologiche mi è sembrato giusto. Ovviamente si è posto il problema della fonte. Perché nel film di Losey il romanzo di Maugham era sceneggiato da Harold Pinter il quale, da quando ha vinto il Nobel nel 2005, è diventato inaccessibile. Ho dovuto risalire alla commedia tratta dal romanzo per avere un testo, che ho adattato io stesso. Peraltro The Servant è una commedia in prosa che in Inghilterra viene spesso messa in scena anche se non è mai arrivata in Italia». «Nel film – continua Tutino – l'interpretazione del protagonista Dirk Bogarde era una chiave molto chiara: perché si tratta di una manipolazione psicologica e Bogarde era un maestro nell'applicarla in modo sottile. È un gioco di sguardi, di piccoli spostamenti della tensione psicologica. The Servant affronta il tema omosessuale in un’epoca in cui era particolarmente scabroso, ma anche quello della sottomissione psicologica. Ciò che mi ha più colpito nel testo di Robin Maugham racconta il compositore è il ribaltamento del rapporto di potere padrone-servo, che si compie lentamente per tappe successive come una specie di corda psicologica che egli tende con grandissima raffinatezza lungo tutta la narrazione».
«Il vero protagonista della storia è l’atmosfera – sottolinea il compositore – c’è molto di non detto che si presta ad essere interpretato dalla musica. La drammaturgia musicale è fondamentale per esprimere il progressivo mutamento del rapporto, così come a costruire il tempo di un preciso colore interiore. Anche la scelta di un organico ristretto a sette strumenti – quintetto d’archi, marimba e pianoforte – è congeniale alla composizione musicale, che riduce all’indispensabile il materiale armonico, e costringe il tutto a una dimensione intima. La musica diventa via via più dura e ossessiva, con meno concessioni all’orecchio e agli atteggiamenti compositivi di maniera. La musica, quando diventa drammaturgia, ha il compito di rappresentare il non detto: in questo caso il non detto è enorme e la musica è il 'personaggio' che tesse la temperatura emotiva e spiega al pubblico cosa sta succedendo davvero. Se ci atteniamo alle parole, in realtà non c'e quasi nulla di quello che accade in scena. È la musica a raccontarlo».
«Ho scelto di muovere il racconto – racconta la regista Rosetta Cucchi – all'interno di un ambiente asettico, quasi astratto, dove sono le passioni più o meno represse a disegnare lo spazio, un contenitore dell’essenza più profonda dell’anima umana». «Ho molto amato il film di Losey – continua la Cucchi – è un capolavoro assoluto dal quale è impossibile prescindere. Gli rendo un piccolo omaggio riproducendo il pavimento a scacchi della cucina del film. La cucina che è un luogo fondamentale nella storia sia del romanzo che dell'opera. Proprio in cucina si svolge una delle scene clou, quella in cui il servo per la prima volta rivela la sua vera natura spezzando quella gerarchia sociale, cara alla upper class inglese, in favore di una prevaricazione psicologica che rompe totalmente gli schemi borghesi».
All'inevitabile domanda se ci siano scene di sesso e se saranno sottolineate, Rosetta Cucchi risponde: «Sì, il sesso c'è, ma è semplicemente uno strumento per arrivare a completare un disegno molto più morboso. C'è quello un po' algido fra Tony e la fidanzata Sally, quello tra Tony e Vera, dove la violenza di lui è una manifestazione della sua debolezza e c'è quello fra Barrett e Vera che io vedo più come un gioco scabroso tra maestro e discepolo ma naturalmente l’attrazione dominante è quella fra i due protagonisti maschili di questa vicenda, un’attrazione che si insinua sempre di più tra le pieghe della storia fino a diventare una dipendenza reciproca che spingerà entrambi in un abisso di devastazione. Ora non posso rispondere se ci saranno scene di sesso in scena: certe scelte di regia nascono in prova: solo lì, conoscendo gli interpreti e la loro fisicità, la consapevolezza che hanno della loro sensualità, ci si rende conto dove si può spingere senza cadere nel volgare. Io ho il massimo rispetto delle personalità degli interpreti e del loro rapporto col proprio corpo. Lo scopriremo assieme a loro strada facendo».
(Comunicato/Teatro Rossini di Lugo)
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